lunedì 7 aprile 2014

Pre-esamination

Occhi sbarrati, spersi, gira per le strade senza meta. La vita, quella vera, è solo un mero ricordo del passato; una pallida chimera del futuro, irraggiungibile, ormai perso.

Si sente svuotato, senza più prospettive, questo povero essere, frutto di una società che lo ha riempito di valori, nozioni e che, poi, resasi conto della sua inutilità, della sua inadempienza a doveri cui non è all'altezza, lo ha abbandonato.

Si sente così questo individuo che ciondola da un lato all'altro del marciapiede. I suoi piedi si trascinano senza più voglia. Lo scopo ultimo è procacciarsi del cibo. Ovunque. Non ha fame, ma sa che, se dovesse mancare a questo appuntamento con il corpo, quest'ultimo cederebbe, sotto la debolezza delle membra, oltre che della mente.

Prende il panino, lo sceglie casualmente dal bancone. Senza fame, senza voglia. Lo mangia ma non ne sente il sapore. La percezione sempre più pressante della sua inettitudine lo sta sfamando, e, al tempo stesso, logorando, sfibrando e distruggendo.

E' lo studente universitario, quello sotto esame.

Quello studente-o studentessa- la cui sudorazione sa di nicotica e caffè. Da una settimana ha ormai abbandonato l'idea di lavarsi, accarezzando l'ipotesi di lasciare davvero tutto e tutti, per diventare “giramondo”.
Non ha più amici. Loro la cercano e lei rifugge dalle loro attenzioni, come un goblin che guarda con oscuro terrore alla civiltà.

L'ansia la percuote, mentre l'emicrania si insinua tra le nozioni apprese con fatica e dedizione.

Adesso, finalmente, lo sa. Doveva fare il gelataio.
"No, no, no, ma che dico! Cos'altro mi piaceva fare da piccola? L'addestratrice di pulci circensi! Perché diavolo non ho seguito i miei sogni?!?"

In questo frangente, se la dovessero mettere di fronti ai suoi libri di testo, si sentirebbe come Eluana Englaro messa alla prova di fronte a un semplice problema elementare. Non propriamente stupida. Vegetale, piuttosto.

Si guarda intorno. Ha percorso a malapena 500 metri per doversi nutrire, avendo finito, nella sua dimora, la scorta di radici e licheni. Ma quei 500 metri sono tanti, troppi. La luce è troppo forte, le macchine sono troppo rumorose e, poi, è intimorita da questi strani essere bipedi che scorrazzano tutto intorno a lei. Ha letto sui libri che si chiamano “persone”.

Chiude la porta alle sue spalle, finalmente, al sicuro.

Ricorda di essere stata felice, ma è una rimembranza che sembra non appartenere alla sua vita.

Abbandona il suo sporco corpo sul quello sporco giaciglio. “Avrò tempo di pulirmi solo quando tutto questo sarà finito”, assercisce, annuendo con sguardo da folle.

Sta per placare la sua ansia, quando la coinquilina 'X', impavida quanto sprovveduta, si affaccia alla camera, adombrata da tapparelle schermitrici di un mondo esterno spensierato, e pronuncia la frase con cui, le leggende narrano, si è formato il Maligno: “Ma, alla fine, quando ce l'hai l'esame?”.

Un colpo di rivoltella.

Poi il nulla.

[Considerazioni ultime: secondo me Meredith aveva chiesto, ad Amanda Knox "Quando ce l'hai l'esame?"]

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